domenica 25 settembre 2016


L’assassinio di Marta Russo. Ancora un colpevole senza volto. Il caso ai raggi X


La mattina del 9 maggio 1997 alle ore 11.30 la studentessa Marta RussO, ventiduenne, iscritta a  giurisprudenza, viene colpita mortalmente da un proiettile, mentre percorreva con un’amica, Iolanda Ricci, un vialetto dell’università La Sapienza di Roma. Morì quattro giorni dopo in ospedale. Il testimone oculare Andrea Ditta  afferma, fin da subito, di aver sentito un colpo secco, come di un’arma silenziata, proveniente dal bagno di Statistica. Le indagini si concentrano proprio in quel luogo, precisamente sulla finestra del bagno della facoltà di statistica, al piano rialzato. Questa finestra è la più vicina al punto dove è stata colpita la vittima. Sul motivo per cui Marta Russo fu colpita vennero formulate svariate ipotesi: dal gesto folle, all’atto terroristico e al colpo partito accidentalmente. Il fatto che una ragazza fosse stata uccisa  da un colpo da arma da fuoco nel mezzo dell ‘università senza una spiegazione,creò un’ondata di panico anche negli inquirenti, va ricordato  che in quel periodo,tra i docenti erano presenti Parlamentari con la guardie del corpo e scorta. Senza nessun indizio,dal 9 maggio al 20 gli investigatori danno per scontato che il colpo provenisse dal bagno di statistica, la difficoltà di capire chi avesse sparato derivava dal fatto che  quel bagno era accessibile a qualsiasi persona interne o esterna all’università.
Il colpo di scena arriva proprio il 20 maggio, la polizia scientifica reperta  una particella di ferro, bario e antimonio era stata rinvenuta sulla finestra dell’aula assistenti di Filosofia del diritto. ( le perizie in seguito stabiliranno che quella non era una particella di sparo riconducibile al colpo che uccise Marta Russo, affermato persino dalla corte di Cassazione del 6/12/2001) Furono ascoltati e controllati tutti gli alibi di tutti i docenti che vi lavoravano nell’ipotesi che a qualcuno potesse essere partito un colpo. In quei giorni i sospetti si concentrarono su due assistenti: Salvatore Ferraro e Giovanni Scattone. Era molto difficile  individuare chi avesse sparato  da un bagno  accessibile da tutti  ma l’ ipotesi che il colpo provenisse dall’ aula assistenti rendeva tutto facile. L’aula era frequentata da pochi studiosi e sia perchè c’era un telefono, dal quale la Dottoranda  Maria Chiara Lipari  aveva chiamato il padre l’ ex senatore Lipari alle 11.44 due minuti dopo il presunto sparo. La Lipari viene interrogata per ore, inizialmente dichiara di aver trovato la stanza vuota, ma miracolosamente   si ricorda  delle presenze  fra cui l ‘usciere Francesco Liparota, la segretaria  Gabriella Alletto e Massimo Mancini, un assistente dell’ istituto con passione delle armi. Che individuò come eventuale sparatore.
 Mancini per sua fortuna aveva un alibi di ferro. La Lipari in seguito ammetterà di aver fatto il suo nome perchè “suggeritole ” dagli inquirenti.
Le piste che potevano essere seguite erano molteplici, infatti la polizia inizialmente indagò seguendo varie direzioni. Nel momento in cui i repertamenti della scientifica dimostrarono che sul davanzale della finestra della Sala 6 c’era un residuo di sparo,  fu facile investire tutte le energie investigative in quella direzione.
Ma  come le perizie d’ufficio disposte dalla Corte hanno dimostrato, sia in primo grado sia in secondo, quel granello di polvere non era un residuo di sparo. A quel punto, però, fu abbandonata la pista alternativa che ipotizzava che il colpo fosse partito dal bagno disabili del pian terreno. E le perizie hanno stabilito che entrambe le finestre, quella del bagno e quella della Sala 6, sono ugualmente compatibili con la traiettoria di sparo. Nel processo d’Appello, uno dei difensori di Scattone, l’avvocato Petrelli, ha ipotizzato che lo sparatore fosse appostato nel bagno disabili del pian terreno e tenesse sotto tiro la porta della ditta di pulizie che affaccia su quel vialetto, probabilmente per sparare contro qualcuno mentre usciva: quello, infatti, era giorno di paga e tutti i dipendenti dovevano passare da lì. Secondo questa ricostruzione, il killer avrebbe sbagliato la mira e colpito accidentalmente Marta Russo. Ma ci sono anche altre ipotesi, tra cui quella di per cui il vero obiettivo poteva essere Iolanda Ricci, la ragazza che camminava con Marta Russo nel vialetto dell’Università. Una settimana dopo il delitto fu proprio il padre della ragazza, alto dirigente del ministero della Giustizia e già direttore del carcere di Rebibbia, a presentarsi alla polizia sostenendo di avere validi motivi per sospettare che la vittima designata fosse la figlia. Spiegò di aver ricevuto a casa numerose telefonate anonime, alcune anche notturne, e in una di queste la voce pronunciava minacce e insulti nei confronti della ragazza (da” Il mistero della Sapienza – il caso Marta Russo” di Giovanni Valentini, Casa Ed. Baldini & Castoldi).
Sarebbero ancora molti gli aspetti da controllare e commentare che ruotano intorno a questo caso, contribuendo a mantenerlo in una fitta nebbia di mistero.
Scattone quando fu condannato gridò in aula “Non è giusto”.
Le parole di Scattone risuonano come echi sulle pagine del Fatto Quotidiano del 10 settembre 2015, data nota per la sua rinuncia alla cattedra di professore.
“Oggi, in ragione di queste polemiche, non ho più la serenità che mi ha contraddistinto nei dieci anni di insegnamento quale supplente: anni caratterizzati da una mia grande soddisfazione anche e soprattutto legata al costruttivo rapporto instauratosi con alunni e genitori. Ed allora se la coscienza mi dice, come mi ha sempre detto, di poter insegnare, la mancanza di serenità mi induce a rinunciare all’incarico per rispetto degli alunni che mi sono stati affidati”.
Scattone non smette i panni dell’innocente e lamenta di aver subito un torto: “questo Paese mi toglie anche il fondamentale diritto al lavoro. Dopo la tragedia che mi ha colpito, solo la speranza mi ha dato la forza di andare avanti. Anche oggi vivrò con la speranza che un giorno la parte sana di questo Paese, che pure c’è ed è nei miei tanti ex alunni che in questi giorni mi sono stati vicini e nella gente comune che mi ha manifestato tanta solidarietà, possa divenire maggioranza”.
Alessandra Severi  Wilma Ciocci

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