giovedì 21 aprile 2011

Indagando

"Indagare su un omicidio è come esaminare un pezzo di stoffa. Alla fine trovi un filo rosso, qualcosa che diventa la pista a cui star dietro. E quindi lo segui, quel filo rosso, piano piano. Continui a seguirlo ovunque vada. E non va quasi mai in linea retta. Si sposta a destra e a sinistra, torna indietro, si avvolge su se stesso, si annoda, si ferma e riparte, serpeggia. A volte è un filo grande e grosso. Altre è minuscolo. A volte diventa più spesso. Altre più sottile. E altre volte ancora...si interrompe. Stop. Ma allora ricominci a cercarne il capo. Devi andare dove il filo rosso ti conduce. Stando sempre attento a non tirarlo troppo, se no si spezza" -JIM GIVENS, sergente ex super visore della squadra casi irrsolti; phoenix, Arizona.-

Mercoledì 20 Aprile 2011, a Pisa, organizzato dall' "Altro Diritto" , doveva esserci conferenza intitolata "Interrogatorio al Pm, dal Mostro di Firenze alla strage dei Georgofili: PIER LUIGI VIGNA". Parlo al condizionale perchè l'incontro è saltato a causa di un malore di Vigna. La sola visione del volantino d'invito mi ha riportato con la memoria a circa poco più di un anno fa.
Era per la precisione il 19 Febbraio 2010 quando con il cuore in gola appena uscite dallo studio legale dell'Avvocato "dei diavoli" Nino Marazzita, continuavano a riecheggiare nei nostri cervelletti le sue parole, ed in particolare:- "é  il lavoro di ricerca più intelligente che io abbia mai letto sul caso del mostro di Firenze". Se
è stato un punto, un punto e virgola, l'inizio, la fine, un punto esclamativo, non lo sappiamo ancora, ma di sicuro la consapevolezza che i nostri nomi e cognomi siano entrati nel fascicolo di un caso che ha scosso e continua ad incuriosire un po' tutto il mondo, per noi è stata una grande emozione!
Come in ogni storia, si deve sempre partire dall'inizio e il nostro inizio è stata la CRIMINOLOGIA!
La criminologia si colloca,tra le discipline che hanno come loro oggetto di studio la criminalità.
Nel linguaggio quotidiano anche la parola delinquente o criminale non sono usate per indicare chi infrange la legge, ma queste parole contengono in sé impliciti giudizi di valore negativi.
Chiamando una persona “delinquente” o “criminale” a parte l’uso spregiativo o insultante, si vuole anche sottolineare la reazione sociale d’implicita censura morale.
Delinquente o criminale è nel suo contenuto semantico, colui che fa del male, il malfattore. Bisogna comunque vedere quali correlazioni intercorrono tra delitto e morale e il significato che attribuiamo alla criminologia come scienza che studia il male. Lo studioso di criminologia deve tendere a spogliare la parole delinquente, criminale, reo da implicazioni emotive e da giudizi etici considerandole semplicemente quali termini, per indicare coloro che hanno commesso azioni proibite dalla legge penale, differenziandosi, da contenuti e significati che vengono conferiti nel linguaggio comune, senza l’ implicazione di giudizio di valore.
Criminali e i delinquenti  dovrebbe, indicare coloro che hanno compiuto azioni che le norme giuridiche definiscono reati. Nel linguaggio criminologico bisogna evitare le generalizzazioni. Le conoscenze acquisite nel campo empirico devono consentirci di comprendere che è opportuno abbandonare espressioni del tipo “i delinquenti pensano e agiscono”, “diventano delinquenti coloro che..”, le certezze non sono delle scienze dell’uomo e ben che meno, appartengono alla criminologia, le generalizzazioni sono spesso banalizzazioni. (Ponti,1999,7)
Lo stereotipo del criminale, come la creazione di altri stereotipi è un’importante necessità funzionale in tutte le società. Accanto allo stereotipo del criminale si elaborano delle ipotesi, in maggioranza scartate dai criminologi ma che ancora influenzano la mentalità popolare e l’azione sociale,come quella che i criminali, e le altre persone socialmente patologiche, siano fisicamente, psicologicamente e dal punto di vista razziale inferiori, oppure – variazione recente - membri di un sottogruppo culturale: la teoria della razza rinasce nel moderno linguaggio antropologico. Due problemi teorici sono qui implicati: il primo è quello della funzione sociale dell’ostilità verso il criminale; il secondo riguarda il modo in cui, grazie all’ostilità delle classi medie e superiori, verso quelle lavoratrici sorta col conflitto di classe, l’ostilità verso il criminale è diventata soprattutto ostilità verso  il criminale appartenente alle classi sociali inferiori. (Chapman,1968,30).
Il nostro Codice Penale aiuta il criminologo a dare una cornice, entro la quale è possibile definire la personalità di un soggetto reo, con tutte le sue sfumature, l’ articolo 40 del c.p 1 comma “nessuno può essere punito per un fatto preveduto dalla legge come reato, se l’ evento dannoso o pericoloso da cui dipende l’ esistenza del reato, non è conseguenza della sua azione od omissione”, azione od omissione che devono essere reinterpretate alla luce del combinato disposto con l’ Articolo 43 c.p che introduce nel nostro codice Penale gli elementi psicologici del dolo, della colpa e della preterintenzione. 
Come possiamo vedere, la criminologia si colloca fra le discipline che hanno come oggetto lo studio di criminalità, e che abbiamo definito quali scienze criminali si tratta di stabilire quale sia il suo ambito d’interesse e in cosa si differenzia dalle altre scienze criminali. Prima caratteristica è il campo d’indagine che considera i fatti criminosi e i loro aspetti fenomenologici, le variazioni nel tempo e in luoghi le condizioni sociali ed economiche che ne favoriscono la diffusione rientrano nell’ambito dei suoi interessi anche lo studio degli autori dei delitti, con le loro caratteristiche psicologiche o psicopatologiche e con i fattori ambientali e situazionali che entrano in gioco nell’agire dilettoso dei singoli; e ancora, oltre i limiti previsti dal codice penale. (Ponti,1999,10)
Come possiamo vedere il campo d’indagine comprende i diversi tipi di reazione sociale che il delitto suscita, le conseguenze esercitate dal crimine sulle vittime, i ruoli eventualmente giocati nella genesi del delitto e infine la criminologia si occupa del fenomeno della devianza. Nella tradizione sociologica funzionalistica, nelle idee di E.Durkheim e R.K. Merton l’idea centrale è che i fini di una determinata società non sono sempre raggiungibili da tutti i suoi membri e la causa di ciò è dovuta alla distribuzione di opportunità diseguali e al fallimento della cultura dominante di definire chiaramente e limitare ciò che gli individui possono ottenere da essa: il crimine è quindi un fenomeno normale e funzionale, nel senso che permette una reazione sociale atta a far comprendere ai membri di una società quale sia il comportamento sociale da tenere. In una società stabile e ben integrata vi è un equilibrio ben bilanciato tra mezzi e fini sociali, mezzi e fini sono largamente accettati e disponibili. Nelle società instabili assistiamo spesso alle enfatizzazioni dei fini e non dei mezzi e viceversa. (Ciappi,2004,22).  Il termine “anomia” risale al sociologo E.Durkheim all’inizio del nostro secolo, col significato di frattura delle regole sociali. Egli chiamò anomia la particolare situazione che si instaura in certe società, e che ingenera, in un elevato numero di soggetti, disagio e condotta dissociale. Per l’autore le cause dell’anomia erano da ricercarsi nella iperstimolazione delle aspirazioni che la società industriale ha indotto, e quindi nell’insofferenza verso i sistemi di controllo che tendono a limitare le aspirazioni stesse, il difetto di quella società  sarebbe stato nel non aver saputo porre limiti alle domande dei vari gruppi sociali. Anomia non vuol dire assenza di norme come indicherebbe il significato letterale (nessuna società può esistere senza norme),  bensì significa contraddizione, incoerenza, ambivalenza e ambiguità delle norme stesse. R.K.Merton negli anni ’30 riprendendo il concetto di anomia di Durkheim, lo ha esteso alla spiegazione della criminalità, fornendo una nuova teoria sulla devianza. L’anomia è intesa come la conseguenza di un’ incongruità fra le mete proposte dalla società e la reale possibilità di conseguirle: una società ha le caratteristiche di anomia quando la sua cultura propone delle mete senza che vengano a tutti forniti i mezzi per conseguirle. Le mete sociali possono intendersi come le prospettive che la cultura di un certo momento pone, come prioritarie ai suoi membri, come quell’insieme di obiettivi verso i quali debbono tendere le aspirazioni di tutti. (Ponti,1999,118)
La teoria dell’antinomia non è pertanto in grado di risolvere il problema psicologico del perché alcuni individui siano più sensibili e altri per nulla alle influenze anomiche, diventando di conseguenza più o meno devianti, pur essendo inseriti nella medesima società. Entrambi gli autori hanno cercato di spiegare il concetto di anomia, ma mancano le variabili psicologiche individuali, cioè la devianza non viene spiegata o considerata dal punto di vista della psiche, ma come frutto di fattori insiti nella struttura sociale.
La criminologia è pertanto una scienza multidisciplinare aggettivo con la quale si qualificano quelle scienze che per il loro autonomo sviluppo richiedono competenze molteplici. Altre scienze criminali come il diritto penale e penitenziario sono coltivate da giuristi in una prospettiva che s’incentra sulla norma legale, afferiscono alla criminologia conoscenze fornite da più discipline: sociologia, psicologia, psichiatria, medicina, pedagogia, psicologia sociale, antropologia, statistica anche filosofia, ma mentre queste scienze si interessano della criminalità solo marginalmente, la criminologia ha il compito di coagulare in sé i loro apporti per lo studio del crimine. Il criminologo non deve essere inteso come uno studioso  “tuttologo” perché il suo compito di scienziato è quello di saper integrare in una visione sintetica: dati, conoscenze, approcci e metodi provenienti da campi diversi del sapere.
Le connotazioni multidisciplinare e interdisciplinare della criminologia sono implicite nel fatto che essa è anche una delle scienze dell’ uomo: e tali si definiscono quelle che studiano quella realtà complessa, articolata,multiforme che ha il comportamento umano in seno alla società, nei suoi infiniti aspetti:comportamento che –sia esso integrato o delittuoso non può essere compreso circiscrivendolo nei ristretti limiti di una sola disciplina. L’analisi del significato, dei fini della condotta umana, e l’ identificazione delle correlazioni fra fattori individuali ambientali e sociali che la sottendono, hanno da sempre polarizzato gli interessi sia della filosofia che della religione cosi come della letteratura e delle scienze bio-antropologiche: è comprensibile per tanto che anche lo studio di quei particolari tipi di comportamento che la legge identifica quali delitti implichi il coinvolgimento di molteplici discipline. (Ponti, 1999,10).

sabato 2 aprile 2011

L'INCONTRO

Maggio 2009: il nostro primo incontro.
Lezione di criminologia, iniziano le presentazioni, oltre a noi due, altri 5 compagni.
- "Ciao, mi chiamo Alessandra!" ...e così è cominciata la conoscenza di Wilma, in maniera semplice, comune, ma tutt'altro che in modo semplice e comune si è sviluppato il  nostro rapporto. Da subito ciò che mi ha colpito di lei, sono stati i suoi modi forse un po' bruschi, ma fortemente sinceri e schietti... ed è questo che mi è piaciuto! Con il passare delle settimane dei mesi, alle lezioni di psicologi giuridica, antropologia criminale,il desiderio d'imparare, le passioni comuni, i sogni per il futuro, ci hanno portato sempre più ad avvicinarci.
Il connubio:
Il prof ci chiese di simulare un colloquio criminologico, io la criminologa, Wilma la criminale.
Dopo quell’esperienza abbiamo capito di che pasta eravamo fatte.
Wilma, con la sua aria arrogante, nei panni di un criminale, che lei conosce fin troppo bene, mi ha dato filo da torcere. Da parte mia, con i denti e con le unghie cercavo di raggiungere il mio obiettivo “estrapolare delle informazioni che mi sarebbero state  utili”. Il Prof alla fine ci ha dovuto dividere, divertito,  perché né da una parte, né dall’altra c’erano segni di cedimento.
A metà corso il Prof ci chiede di lavorare a un progetto per una tesina. Inizialmente aveva assegnato ad ognuno di noi un argomento: Alessandra fare indagini sul serial killer delle prostitute di Pisa, Wilma il 416 bis su un detenuto che conosce.
La non accettazione di Wilma:
-“no basta con questo argomento, sono stufa… Prof, farò la tesina sul caso del mostro di Firenze”
Si girò verso di me: -“la vogliamo fare insieme?!”
Non me lo feci dire due volte. E di lì sono partite le nostre avventure, che  questo blog raccoglierà in parte.
Alessandra&Wilma