Quello del mostro di Firenze non è solo un caso unico nella storia criminologica italiana, europea e forse mondiale, ma è anche un fallimento dell'applicazione di ogni tecnica investigativa che abbia un richiamo scientifico.Come se ogni mezzo fosse stato utilizzata non per le potenzialità che offriva se non invece per quanto era utile a dimostrare una tesi precostituita. Ci sono otto duplici omicidi firmati da una stessa arma e da medesime cartucce, un modus operandi riscontrabile in ogni delitto che si evolve psicologicamente nella sua efferatezza. L'arco di tempo è di 17 anni dal 1968 al 1985 con periodi di silenzio variabili e un'accelerazione nel 1982 (due delitti).
Ci sono stati vari sospettati nel corso degli anni cinque persone sono state indicate come l'assassino, il Mostro (Enzo Spalleti, Francesco Vinci, Giovanni Mele e Piero Mucciarini, Salvatore Vinci e alla fine Pietro Pacciani). Per Il delitto del 1968 invece un uomo è stato condannato in via definitiva, Stefano Mele marito di Barbara Locci, la prima vittima.
Alcuni personaggi entrati nella vicenda sono stati indicati solo come complici, favoreggiatori. Mario Vanni, Giancarlo Lotti e Ferdinando Pucci sono stati i più famosi fra questi, condannati i primi due, non il terzo, il supertestimone che incastrava i cosiddetti "compagni di merende".
E qui il caso del Mostro di Firenze diventerebbe unico su scala planetaria: non solo 8 duplici omicidi ma anche fatti in gruppo e ultima ipotesi investigativa, su commissione.
Pacciani era un delinquente, un assassino, ha abusato delle figlie, ha avuto episodi di violenza nei loro confronti e nei confronti della moglie indicibili. Un Mostro perfetto, ma non il Mostro di Firenze.
Come Diciamo nel libro: "Ben 143 testimoni sono stati sapientemente mossi ed uniti da una geniale strategia giuridica di indizi psicologici (quadro, poster, riviste pornografiche, ect) e sono serviti a far indossare, sapientemente un vestito cucito ad arte su Pietro Pacciani.
Wilma Ciocci &Alessandra Severi